Recensione di Alessandro Romano
Emir Kusturica, ci riporta indietro nel tempo, nella Jugoslavia degli anni ’70, più precisamente in Bosnia ed Erzegovina, raccontandoci le inverosimili storie della sua terra e della sua adolescenza con sei racconti fortemente autobiografici.
Il primo racconto parla dell’amore di un ragazzino, Zeko, che tra gli impegni della vita quotidiana e il suo rifugiarsi in una vasca a parlare con una carpa, viene salvato dall’incontro-scontro con Milijana, una giovane ragazza innamorata di lui. I due, dopo aver passato un’estate insieme, sono costretti a separarsi promettendosi però di rincontrarsi…un giorno.
Gli altri parlano di Aleksa e della sua famiglia. Le avventure di un giovane bosniaco in quattro fasi differenti delle sua vita: i primi libri, il primo amore, le prime sconcertanti verità sulla vita e le prime bravate insieme ai compagni di avventure.
L’ultimo racconto, invece, pur ambientato nella guerra, descive elementi surreali e quasi fantastici, carichi di significato simbolico. Anche qui, è l’amore eterno giurato fra due giovani fanciulli a fare da filo conduttore alla storia.
Il grande regista balcanico conserva la simpatia e la surreale ironia dei suoi film. Ci racconta di un mondo che, nonostante sia dall’altra parte dell’Adriatico, sembra così distante da noi per cultura e tradizioni. Il cinismo spietato dei protagonisti li porta a poter ridere dei morti ammazzati o ad esaltarsi di fronte ad un feroce combattimento tra cani. I discorsi che diventano sconvolgenti per la loro semplicità, tra persone nascoste sotto a un tavolo per evitare i proiettili di una guerra spietata, che non risparmia neppure i bambini da crudeltà atroci.
Ma anche quel mondo fatto di una schiettezza che non conosce timori. Che ti penetra. Dove li immagini quegli occhi perforanti che non hanno nessuna esitazione a fare domande e affermazioni dirette e spiazzanti.
Eppure in questo scenario, a volte macabro, si riesce a sorridere e a simpatizzare per i personaggi, arrivando talvolta a commuoversi delle loro riflessioni o della loro ricerca di affetto.
Se si cerca un filo conduttore delle sei storie, lo si potrebbe trovare appunto nella straordinaria semplicità con cui i protagonisti affrontano esperienze estreme ed il modo in cui si riesca persino a ridere di eventi straordinariamente drammatici.
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Foto:piego di libri blog